Classe 1933, la tempra dello scrittore, e tanto ha scritto. I fans lo amano, chi non lo legge guarda però i film tratti dai suoi libri.
Cormac McCarthy sa cosa si mette sulla pagina, ogni suo lavoro ha il marchio della sua creatività e della sua originalità.
Tra tutti i suoi libri scelgo per la Festa del Papà “La strada” , pubblicato da Einaudi nel 2006, vincitore del premio James Tait Black Memorial Prize per la narrativa nel 2006 e il Premio Pulitzer per la narrativa nel 2007. Da esso è stato tratto un film “The road”, nel 2009.
Un libro che ad ogni anno ottiene un successo, come si può vedere.
Un libro vincente, nella struttura e nel bellissimo sentimento che comunica.
Si parte da uno scenario post apocalittico, che in quanto tale può piacere o non piacere, certo, ma che qui è “dosato” in modo magistrale e farà da sfondo ad una storia senza tempo, quella che lega padre e figlio.
Aggressiva e commovente, profonda e intimamente reale, questa storia ci lascia con il fiato sospeso fino all’ultima pagina e intanto ci porta per mano dentro a quel senso dell’essere padre che oggi sembra tanto difficile da definire, ma di cui abbiamo tutti bisogno.
La vicenda si svolge in America, dove tutto è stato distrutto da una catastrofe, nucleare, guerra, asteroide , non si sa. Quello che è certo e che sono sopravvissuti solo sparuti gruppi di uomini, non gli animali.
I due protagonisti, un uomo ed un ragazzino, padre e figlio, appunto, che non hanno nome, sono in cammino, lungo una strada.
Ogni loro mossa è tesa a procurarsi il cibo per sopravvivere e a proteggersi dagli altri uomini, divenuti pericolosi in questo clima di distruzione e freddo.
Un freddo che sembra sceso anche sui sentimenti, raggelati dalle immani difficoltà che una terra priva anche di risorse energetiche rende ostile ogni cosa.
In questa atmosfera il padre insegna al figlio come sopravvivere, sospingendo un carrello che contiene tutto ciò che posseggono.
Nulla però sembra fermare la loro marcia verso sud, e dire che di ostacoli lungo il cammino se ne incontrano parecchi.
E nulla potrà fermare la manifestazione dell’amore che piano piano si scopre nella loro relazione, quasi tratta fuori a forza dall’autore dallo scontro metallico tra questa realtà post apocalittica e il cuore umano, ancora vibrante ed acceso, nonostante tutto.
La relazione tra padre e figlio è la forza della loro salvezza, ma è anche la scoperta di questo romanzo, che si chiude con un inaspettato sguardo di speranza e con quella fiducia che solo un padre vero può trasmettere.
Da questo libro, come ho scritto, è stato tratto il film di John Hillcoat, con Viggo Mortensen e Charlize Theron, che ne ha accresciuto il successo.
Cormac McCarthy ha scritto tanto. Con Einaudi “Cavalli selvaggi”, “Oltre il confine”, “Città della pianura” (raccolti anche nella “Trilogia della frontiera”), “Meridiano di sangue”, “Il buio fuori”, “Figlio di Dio”, “Il guardiano del frutteto”, “Sunset Limited”, “Suttree” ( considerato da molti il suo capolavoro) e “The Counselor. Il procuratore” (da cui è stato tratto l'omonimo film di Ridley Scott, con Michael Fassbender, Brad Pitt e Cameron Diaz). Da “Non è un paese per vecchi “è stato tratto l'omonimo film di Ethan e Joel Coen, con Javier Bardem, Tommy Lee Jones e Josh Brolin.
Nonostante il successo, questo è un autore schivo, che non ama farsi vedere negli ambienti letterari, ma una parte della critica lo considera uno dei “magnifici quattro” della narrativa contemporanea americana , insieme a Thomas Pynchon, Don DeLillo e Philip Roth.
Una curiosità che fa comprendere il suo carattere: la vecchia Olivetti Lettera 32di Cormac McCarthy, pagata 50 dollari nel 1963, è stata battuta all'asta per 254.500 dollari, integralmente devoluti in beneficenza.
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