Ancora alle vette delle classifiche “Donne dell’anima mia”, (Feltrinelli), il bel libro che Isabel Allende, ormai settantottenne, ha regalato quest’anno al pubblico che la ama e che da mezzo secolo continua a leggerla con passione.
E meritatamente. Originale, creativa, capace, libera. Una donna che ha saputo fare della sua vita una bandiera e della scrittura una gioiosa testimonianza di impegno di un femminismo sempre più vero e profondo, allargato in verità all’intera condizione umana.
Catalogato come autobiografia, “Donne dell’anima mia”, come molte delle opere di questa scrittrice, è in realtà molto di più, proprio per la capacità di Isabel Allende di andare con apparente leggerezza al profondo dell’umano e da lì far nascere le sue storie.
Il libro in effetti descrive l’infanzia e la giovinezza di Isabel, i caratteri di una società rigidamente patriarcale, a cui lei ha sempre opposto una visione per quei tempi nuova della figura della donna, potente e in grado di dialogare la sua proposta nel mondo.
Si concentra poi sulla maturità, soprattutto a partire dall’indipendenza economica, sulle sue relazioni, sul lavoro, dal giornalismo al teatro, all’impegno per gli altri, i più deboli, gli emarginati, le donne costrette ad una condizione priva di riscatto , che non avevano conosciuto, come invece ha fatto lei, “ il femminismo prima ancora che questa parola forse esistesse”.
E poi l’arrivo della terza età, che la trova ancora felicemente attiva, battagliera, e sempre bellissima, pronta a lottare contro un potere dominante che utilizza anche il tempo come arma di oppressione. Per far capire a questo potere che forse, anche lui, ha il tempo contato.
コメント